lunedì 17 agosto 2009

FUMUS IN AERE

L’ ignoranza dei giovani non è nativa come quella dei bambini, è acquisita, è una specie di malattia contratta dall’ ambiente, da quei veicoli d’ infezione che sono la maggior parte dei libri, e dagli esempi che corrono le strade. E’ una febbre che dura diversi anni e che in alcuni si risolve e scompare all’ inizio della virilità, in altri continua aggravandosi fino alla soglia della vecchiezza e talvolta più oltre. Sono questi ultimi casi che bisogna combattere senza tregua ed isolare senza pietà, perché quella febbre è di tal natura che invecchiando peggiora divenendo contagiosa oltre ogni dire. Un vecchio scienziato ignorante può far male all’ umanità quanto un’ epidemia di vaiolo nero o di peste bubbonica.
Studiare dunque il bacillo, e vaccinare la gioventù.
L’ ignoranza dei giovani è spavalda, fanfarona, e talvolta stranamente simpatica: irrita, indispone, preoccupa, e nello stesso tempo esercita su di noi non so che strano fascino dove il ricordo e la speranza si fondono in una trepida emozione che non è senza qualche dolcezza. Si pensa che forse ciò è necessario, e che passerà. Si pensa che ciò finirà per dissolversi e non lascerà traccia, come un fumo nell’ aria. E’ l’ età che il pensiero fa i suoi voli di prova e l’ istinto le sue scorribande in tutte le bandite, come un cacciatore di frodo. Egli gira l’ ostacolo o allegramente lo salta con uno slancio dei suoi muscoli elastici. Egli rifiuta, allontana da se, scarta tutto ciò che inceppa i suoi piedi, tarpa le sue ali, ostacola le sue passioni. Ha un fiuto speciale per i libri dove può trovare delle giustificazioni alla sua condotta e delle assoluzioni alle sue malefatte, e se non ha commercio coi libri, riconosce infallibilmente fra le filosofie che corrono le strade quella di più facile approccio e i confessori di manica larga. Se è giocatore sa dove rivolgersi, se è svogliato sa chi pescare, se è libertino, non se ne parli neppure. E non conosce dubbi. Il dubbio è sprone al pensiero ma remora all’ azione, è anchilosi, è gotta per l’ azione, e lui vuol camminare spedito. In politica, in arte, in religione, in fatto di scienza egli risolve i più annosi ed affannosi problemi bravamente, alla svelta, in quattro battute. Voi lo state a sentire strabiliati, a bocca aperta e mentre egli vi soffoca in uno straripamento di erudita ignoranza, voi pensate con accorta melanconia al futuro, e ai vagli e filtri complicati dell’ esperienza, e ai precipitati amari del chimico dolore. E’ l’ età di tutte le chimere, così facili a concepirsi e così difficili a realizzarsi. Quello che voi non avete potuto raggiungere né risolvere, non solo, ma anche quello che non è raggiungibile né risolvibile, sarà raggiunto e risolto da lui, non dubitate. Se voi gli fate qualche timida osservazione, se gli esponete qualche dato di esperienza personale ed anche universale, egli vi dirà: -- Come sei antico, babbo mio! – La segreta opulenza della sua natura, l’ ingenuo ottimismo di animale nel suo pieno vigore, recalcitrano, si ribellano a qualunque costrizione, sia pure quella indiretta dell’ insegnamento e del consiglio. Se l’ ossigeno dell’ aria potesse parlare, direbbe la stessa risposta all’ azoto che gl’ impedisce di bruciare il mondo; se la vite avesse la parola, parlerebbe nelle stesso modo al vignaiolo che la torce verso terra e la costringe col pieghevole salcio; e così parlerebbe la terra all’ aratro.
Nel giovane vi è sempre qualcosa del barbaro e dell’ anarchico. Occorre una grande forza dissimulata e paziente per ottenere che egli accetti di portare il peso comune che la vita impone e quello suo particolare che la nascita gli destina. In pochi anni egli deve rifare il cammino che l’ umanità percorse per arrivare, dalla selva e dall’ antro, alla città ordinata. Lungo, aspro, tormentoso cammino, con soste di smarrimento e faticose riprese, scorciatoie che allungano, avvolgimenti di labirinto, allucinazioni febbrili, fate morgane, tempeste, lacrime,disperazioni…
Uno dei segni di guarigione della febbre barbara è quando il passo si fa più lento, misurato. Il giovane che comincia a moderare i suoi passi, vale a dire i suoi desideri, può considerarsi guarito. Allora, o percorra la via della buona ignoranza, o quella della retta dottrina, egli è certo di arrivare al suo termine in compagnia della dolce, serena letizia.

I DESPOTI ADORATI

Una delle ragioni, forse la principale, per cui noi amiamo tanto i bambini, è la loro perfetta, perfettissima ignoranza. Oltre il loro candore e la loro grazia inimitabili, è quel loro assoluto ignorare, quella deliziosa inconsapevolezza di ogni bene e di ogni male, di ogni prima e di ogni dopo, che li circonda come una nebbia luminosa simile ad un nimbo, che ce li fa tanto e così dolorosamente cari. Alcuni ci lasciano quasi subito, ripartono fasciati di mistero fra candidi veli senza sapere nemmeno chi siamo noi di cui portano via con se il cuore; altri rimangono con noi, e non sappiamo per quanto, e si trema di non poterlo sapere. Sono questi che ci conducono con le piccole tenere mani dove a loro piace, sono gl’ inermi che ci disarmano, i despoti adorati ai quali è dolce ubbidire. E sono essi che saggiano il similoro del nostro sapere con la pietra di paragone della loro inesauribile curiosità. – Babbo, perché Iddio ha fatto i lupi che mangiano i bambini? Babbo, come ha fatto Iddio a farsi da sé?
Allora noi, i grandi, si desidera con tutta la forza del nostro sapere di essere dei perfetti, perfettissimi ignoranti.

lunedì 10 agosto 2009

CHE RIPOSO !

Il brutto ama la bellezza, il debole la forza, il povero la ricchezza, e il sapiente la vera ignoranza.
Che riposo, per colui che finì i suoi occhi sui libri, e smagrì nei suoi dubbi atroci, e tornò disfatto dai suoi voli disperati nell’infinito, che riposo parlare con un buono, genuino, sereno ignorante ! Il suo volto è tranquillo, placido, i suoi occhi sono mansueti e dolci come quelli di un cane da caccia. Quante volte ho parlato nei boschi, nel silenzio alto dei boschi, col mio cane da caccia che mi guardava come si guarda un Dio ! Così colui che non sa ed è forte e buono guarda il debole buono che sa. Non ci sono che i mezzi ignoranti che disprezzano la debolezza sapiente. Il loro sguardo è beffardo, il loro volto è un ghigno. Essi fanno di tutto per rendere visibile, per dimostrarvi la nessuna considerazione che hanno di voi, l’ assenza di ogni considerazione. Forse un poco vi temono, forse anche un poco v’ invidiano, ma non vogliono darlo a vedere. Sono figli di quella pestifera ignoranza che partorisce i superbi.
Che riposo, nel silenzio dei boschi, parlare col vostro cane da caccia che vi guarda come si guarda un Dio.

lunedì 3 agosto 2009

Per coloro che non mi leggeranno

Io scrivo questo libro per coloro che non mi leggeranno,
per il bene di coloro che sono destinati ad ignorare, - destino
poco crudele, - perfino il titolo di questo libro e la sua esistenza.
Io voglio rendere più umili e più buoni coloro che sanno, e
trasformare i mezzi ignoranti in ignoranti interi, perché coloro
che io amo siano più conosciuti, più considerati, più amati. Come
povertà non è un peccato, così non è peccato ignoranza, e Colui
che povero volle nascere, amò viver e intrattenersi di preferenza
con i semplici e gl’ indotti. Bisogna imitare l’ esempio divino,
bisogna scendere anche noi e mescolarci alle turbe, ma più per
imparare che per insegnare, per imparare specialmente, non il
nome, ma la pratica di due grandi virtù troppo dimenticate oggi
in alto, e anche a metà, e anche un poco più in giù: pazienza e
bontà.
Non allarmatevi. Io non vi parlerò con la dotta voce nasale del
quaresimalista infreddato, no; voglio stare allegro con voi, voglio
sbizzarrirmi, magari contraddirmi, allegramente con voi; ci
divertiremo insieme; cercherò anch’ io di trasformare un po’ del=
l’ acqua umile e casta, che non vi piace gran che, in un po’ di
frizzante ed esilarante vino. Se poi non riuscirò ad ottenere che
della modesta gassosa o un po’ d’ acqua di seltz, sarà sempre,
convenitene, qual cosina di guadagnato.

COLEI-CHE-NON-SA

Io voglio lodare Colei che danza fra cielo e terra,
cinta di nebbie azzurrine, la danza dei settemila veli, Colei
che sorride come il pargolo e dorme l’ innocente sonno
sognante dell’ anima pura. Io voglio cantare la Tutta-Bella
e Tutta-Buona, la Cenerentola dal piccolo piede e dalla
piccola adorabile testa, la carnale sorella dell’ Innocenza:
Colei – che - non – sa.